La cessazione delle immunizzazioni con il vaccino contro il vaiolo nella seconda metà del secolo scorso potrebbe avere contribuito alla rapida diffusione del virus dell'Hiv. E' quanto viene ipotizzato in un articolo in corso di pubblicazione sulla rivista BMC Immunology sulla scorta dei risultati di una ricerca condotta presso la George Mason University a Manassas, in Virginia, la George Washington University e l'UCLA.
La vaccinazione di routine contro il vaiolo è stata progressivamente sospesa a partire dagli anni settanta in tutti i Paesi occidentali. Negli Stati Uniti l'ultimo caso di vaiolo si era avuto nel 1949 e la vaccinazione è stata interrotta nel 1972. L'ultimo caso conosciuto di vaiolo nel mondo è stato diagnosticato nel 1977 in Somalia. L'Organizzazione mondiale della sanità ha dichiarato ufficialmente eradicata questa malattia nel 1980. In Italia, ufficialmente, la vaccinazione è stata abrogata nel 1981.
Dopo l'11 settembre 2001 il governo statunitense si è allertato contro il rischio di un attacco bioterroristico iniziando la produzione di nuove partite di vaccino e procedendo a alla vaccinazione di un certo numero di civili appartenenti alle istituzioni sanitarie e militari impegnati in azioni di guerra in Iraq.
"Sono state proposte diverse spiegazioni per la rapida diffusione dell'Hiv in Africa, fra cui le guerre, il riutilizzo degli aghi delle siringhe e la contaminazione delle prime partite dei vaccini antipolio. Tuttavia, tutte queste spiegazioni o sono state confutate o si sono dimostrate comunque non in grado di spiegare adeguatamente il comportamento della pandemia da Hiv. La nostra scoperta che la precedente immunizzazione con il virus del vaiolo potesse conferire un qualche grado di protezione rispetto a una successiva infezione con l'Hiv suggerisce che la sospensione di questa vaccinazione possa essere una parte della spiegazione", osserva Raymond che ha partecipato allo studio.
Weinstein e colleghi hanno ipotizzato che la vaccinazione potesse conferire una certa protezione contro l'Hiv attraverso la produzione di alterazioni a lungo termine nel sistema immunitario, fra cui forse l'espressione di alcuni recettori, come il CCR5, sulla superficie dei globuli bianchi di una persona che fosse stata esposta a entrambi i virus.
I ricercatori hanno controllato la capacità dei globuli bianchi prelevati da persone che erano state immunizzate di recente contro il vaiolo di sostenere la replicazione del virus Hiv rispetto i controlli non vaccinati, rilevando che la replicazione virale era significativamente più bassa - di cinque volte - nei soggetti vaccinati.
"Per quanto questi risultati siano molto interessanti e potrebbero portare a nuove armi contro la pandemia di Hiv, sono anche molto preliminari ed è decisamente troppo presto per raccomandare una vaccinazione generale per contrastare l'Hiv", ha commentato Weinstein.
(LeScienze, ed.it. Scientific American)
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