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venerdì 21 maggio 2010

Nasce La Prima Vita Artificiale.

ROMA - E' partito da quattro bottiglie di sostanze chimiche. Le ha mescolate in laboratorio e ha creato quella che è stata definita la prima "vita artificiale". Craig Venter, il controverso scienziato americano che da vent'anni lavora smontando e rimontando i "mattoni" del Dna, lo aveva annunciato due anni fa: "Sto per creare un essere vivente sintetico". Ieri lo ha fatto davvero.

Il primo organismo artificiale è un batterio composto da una cellula sola. Si chiamava in origine Mycoplasma mycoides, ma dopo essere stato rimodellato dalle mani di Venter si è guadagnato il nome di Mycoplasma laboratorium. E' uno degli organismi più piccoli della natura e servirebbero 3mila dei suoi Dna per fare quello di un uomo.

A un intervistatore che gli chiese se stesse giocando a fare Dio, lo scienziato rispose: "Ma io non sto affatto giocando". La dimostrazione che diceva sul serio, Venter l'ha data ieri. Nessuno quantomeno può accusarlo di essersi mosso nell'ombra: il suo esperimento (come tutte le tappe di avvicinamento degli anni scorsi) è stato pubblicato da 
Science, una rivista che sottopone ogni articolo al vaglio degli altri scienziati prima della pubblicazione.

Per 15 anni Venter e i suoi 20 scienziati più fidati hanno lavorato nei laboratori di Rockville prendendo batteri diversi, scambiandone i cromosomi, costruendo pezzi di Dna artificiali e sostituendoli a quelli naturali. Ma solo ieri il Mycoplasma laboratorium ha iniziato a svolgere un'attività peculiare dei viventi: si è riprodotto. Da una singola cellula artificiale si sono sviluppate colonie di un blu intenso. Si trattava della tinta scelta da Venter, che aveva arricchito il Dna con un gene per la sintesi di un pigmento di quel colore.

Le prime cellule con il genoma sintetico non servono a nulla. Ma per l'organismo di cui è padre, Venter prevede un futuro al servizio dell'umanità. Se oggi è stato inserito solo un gene capace di colorare le cellule di blu, domani potrebbe trattarsi di un frammento di Dna che permette al batterio di mangiare il petrolio in mare. Di catturare anidride carbonica dall'aria, riducendo l'effetto serra. Di rendere più efficiente la produzione di biocarburanti. O di produrre vaccini e medicinali.

Con un linguaggio preso dai computer, Venter parla del Dna da lui creato come di un "sistema operativo" in grado di far svolgere ogni funzione ai batteri. E quando parlano della loro difficoltà principale, gli scienziati di Rockville citano proprio "l'accensione dell'interruttore". Venter aveva in mano da tempo il suo Mycoplasma laboratorium, ma non riusciva a farlo riprodurre. Per anni si è scontrato con il mistero di come rendere vivo un ammasso di sostanze chimiche che del Dna avevano la forma ma non la funzione. A mancargli in fondo era il "soffio vitale" del nostro immaginario religioso. Per ottenerlo, ha dimostrato, si può anche partire da 4 bottiglie prese dallo scaffale di un laboratorio.



(LaRepublica)

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