ROMA - "Nel cuore di una foresta del Camerun, un serpente velenoso non è l'incontro peggiore che si possa fare". Lo dice Nathan Wolfe, 40 anni, di professione "cacciatore di virus", per sei mesi scienziato a Stanford e per altri sei mesi "Indiana Jones" nelle foreste africane. Scansando serpenti e insetti, sono i ben più subdoli "nemici invisibili" di cui Wolfe è alla ricerca: quei virus che nascono tra gli animali prima di trasferirsi nei villaggi degli uomini e da lì diffondersi in tutto il mondo sotto forma di pandemie.
Wolfe racconterà le sue avventure nella conferenza "Virus, the invisible enemy" che si svolgerà a Venezia dal 19 al 21 settembre, organizzata dalle tre fondazioni che portano i nomi di Umberto Veronesi, Silvio Tronchetti Provera e Giorgio Cini. Nel frattempo, il direttore dell'istituto Global Virus Forecasting di San Francisco racconta le strategie usate per cercare di rintracciare un virus prima che diventi epidemia. "Il 60 per cento dei virus pericolosi per l'uomo - spiega - sono trasmessi dagli animali. Il segreto dunque è cercare nei posti dove il contatto è intenso, come le foreste africane, dove ci si nutre di specie selvatiche, e i mercati asiatici, dove gli uccelli vengono venduti vivi. È lì che ho passato buona parte degli ultimi 15 anni".
La pandemia di influenza suina l'anno scorso non è stata violenta. Ma ci ha colto del tutto impreparati. "È solo grazie alla fortuna che ci siamo trovati di fronte a un virus benigno" spiega Robin Weiss, virologo dell'University College London, un altro degli ospiti della conferenza. "Con i virus dobbiamo aspettarci sempre l'inaspettato". E Dorothy Crawford, che insegna all'università di Edinburgo e alla conferenza di Venezia, ha prestato il titolo ("Il nemico invisibile" è un suo libro): "Ci attendevamo che la nuova pandemia arrivasse dall'Asia. Invece è spuntata in Messico, e con un virus molto diverso dalle nostre previsioni. Dobbiamo investire molto di più in ricerca, se vogliamo riuscire ad anticipare la prossima pandemia".
Del mondo di questi microrganismi conosciamo infatti solo la punta dell'iceberg. "In peso e volume battono tutti gli altri esseri viventi messi insieme. Se allineassimo tutti i virus del mondo, copriremmo sei volte la lunghezza della nostra galassia" spiega la Crawford. "Oggi abbiamo meno infezioni e meno decessi rispetto a 50 anni fa - aggiunge Weiss - ma non dobbiamo dimenticare che alcuni virus sono legati a particolari forme di cancro, e che combattendo questi microrganismi potremmo prevenire un tumore su sei. In parte, già ci stiamo riuscendo grazie ai vaccini contro l'epatite B e il virus del papilloma".
La differenza fra un virus e un serpente in fondo è proprio questa: "Del serpente conosciamo i rischi, dei virus no. Non sappiamo neanche quanti sono i virus capaci di infettare l'uomo" spiega Wolfe. E immaginare un microrganismo che sconvolga il nostro stile di vita non è difficile per nessuno degli scienziati che si occupano di infezioni. "I virus hanno modellato l'umanità nel corso di tutta la sua storia" racconta la Crawford. "Non credo però che potranno mai cancellarci dalla faccia della Terra. Anche fra gli uomini esistono grandi diversità. E ci sarà sempre, come è avvenuto in passato, chi sarà in grado a vincere un'infezione e portare avanti la specie".
Wolfe racconterà le sue avventure nella conferenza "Virus, the invisible enemy" che si svolgerà a Venezia dal 19 al 21 settembre, organizzata dalle tre fondazioni che portano i nomi di Umberto Veronesi, Silvio Tronchetti Provera e Giorgio Cini. Nel frattempo, il direttore dell'istituto Global Virus Forecasting di San Francisco racconta le strategie usate per cercare di rintracciare un virus prima che diventi epidemia. "Il 60 per cento dei virus pericolosi per l'uomo - spiega - sono trasmessi dagli animali. Il segreto dunque è cercare nei posti dove il contatto è intenso, come le foreste africane, dove ci si nutre di specie selvatiche, e i mercati asiatici, dove gli uccelli vengono venduti vivi. È lì che ho passato buona parte degli ultimi 15 anni".
La pandemia di influenza suina l'anno scorso non è stata violenta. Ma ci ha colto del tutto impreparati. "È solo grazie alla fortuna che ci siamo trovati di fronte a un virus benigno" spiega Robin Weiss, virologo dell'University College London, un altro degli ospiti della conferenza. "Con i virus dobbiamo aspettarci sempre l'inaspettato". E Dorothy Crawford, che insegna all'università di Edinburgo e alla conferenza di Venezia, ha prestato il titolo ("Il nemico invisibile" è un suo libro): "Ci attendevamo che la nuova pandemia arrivasse dall'Asia. Invece è spuntata in Messico, e con un virus molto diverso dalle nostre previsioni. Dobbiamo investire molto di più in ricerca, se vogliamo riuscire ad anticipare la prossima pandemia".
Del mondo di questi microrganismi conosciamo infatti solo la punta dell'iceberg. "In peso e volume battono tutti gli altri esseri viventi messi insieme. Se allineassimo tutti i virus del mondo, copriremmo sei volte la lunghezza della nostra galassia" spiega la Crawford. "Oggi abbiamo meno infezioni e meno decessi rispetto a 50 anni fa - aggiunge Weiss - ma non dobbiamo dimenticare che alcuni virus sono legati a particolari forme di cancro, e che combattendo questi microrganismi potremmo prevenire un tumore su sei. In parte, già ci stiamo riuscendo grazie ai vaccini contro l'epatite B e il virus del papilloma".
La differenza fra un virus e un serpente in fondo è proprio questa: "Del serpente conosciamo i rischi, dei virus no. Non sappiamo neanche quanti sono i virus capaci di infettare l'uomo" spiega Wolfe. E immaginare un microrganismo che sconvolga il nostro stile di vita non è difficile per nessuno degli scienziati che si occupano di infezioni. "I virus hanno modellato l'umanità nel corso di tutta la sua storia" racconta la Crawford. "Non credo però che potranno mai cancellarci dalla faccia della Terra. Anche fra gli uomini esistono grandi diversità. E ci sarà sempre, come è avvenuto in passato, chi sarà in grado a vincere un'infezione e portare avanti la specie".
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