È IL SACRO Graal di medici, case farmaceutiche e cosmetiche, una miniera d'oro alimentata da un miraggio di vita eterna, o meglio di eterna giovinezza. Eppure il traguardo di un farmaco anti-età potrebbe non essere così lontano e, sottolinea il quotidiano ingleseIndependent, se fosse raggiunto toglierebbe di mezzo dal mercato in un colpo solo creme, tonici e pozioni "ringiovanenti".
In occasione della conferenza annuale organizzata dalla Royal Society, intitolata appunto Turning Back the Clock("mettendo indietro l'orologio") gli scienziati si sono addirittura sbottonati stabilendo una data precisa: 2012. Appena due anni, e poi le donne (e gli uomini, visto che a quanto pare sono vanitosi quanto il gentil sesso) di tutto il mondo potranno combattere i sengi del tempo in modo efficace limitandosi a ingurgitare una pillola al giorno. Gli studiosi hanno spiegato infatti che per restare giovani non serve smettere di fumare, stare attenti all'alimentazione, andare in palestra e riempirsi di farmaci e creme anti-radicali liberi. Perché tutto dipende dai geni. E partendo da questa constatazione, frutto naturalmente di anni di ricerche incrociate e confermate, hanno fatto il punto della situazione affermando che ormai il mosaico è completo e che i laboratori hanno tutti i dati scientifici necessari per contrastare l'invecchiamento alla radice. Intervenendo appunto sui geni.
Le ultime ricerche, ha spiegato Nir Barzilai dell'Albert Einstein College di New York, potrebbero portare a medicinali che verranno testati appunto tra un paio d'anni. Sono già state identificate almeno una decina di mutazioni in grado di aumentare del 50% la durata della vita nei topi e alcune delle varianti umane di tali geni mostrano un collegamento con la longevità. E' stato in particolare preso in considerazione il ruolo di una famiglia di proteine, le "sirtuine", e il loro legame con malattie spesso legate all'invecchiamento, come tumori e diabete di tipo due.
Altre varianti genetiche riguardano l'ormone della crescita e quello per la produzione dell'insulina: entrambi tendono ad aumentare il livello del metabolismo, e un metabolismo più alto equivale normalmente ad un ciclo vitale più breve. Un metodo possibile e attualmente oggetto di studio da parte della Proteostatis, in Massachusetts, potrebbe quindi essere quello di bloccare i recettori dei due ormoni, rallentando il metabolismo.
Un altro enzima in grado di influenzare la longevità è il Cetp, legato ai livelli di colesterolo "buono", che protegge il cuore, ed è proprio in questo campo che i due giganti della farmaceutica Merck e Roche stanno orientando le loro ricerche. Infine, gli scienziati hanno parlato dei telomeri, strutture presenti in tutte le cellule la cui lunghezza di fatto determina il numero di replicazioni massimo di quel particolare dna. Accorciandosi ad ogni meiosi, quando si esauriscono la cellula cessa di riprodursi e muore. L'inibizione dell'enzima responsabile (detto telomerasi) aumenta il ciclo vitale della cellula e potrebbe essere quindi in grado, in teoria, di estendere la durata della vita dell'organismo nel suo insieme.
Già in passato una ricerca con i topi avrebbe confermato la teoria secondo cui l'invecchiamento è il risultato dell'accumulo di errori nel genoma mitocondriale. Poiché nei mammiferi questo tipo di difetti è molto comune, i risultati dello studio hanno avuto grande importanza per lo studio di queste dinamiche sugli esseri umani. "Le persone che muoiono tra i 70 e gli 80 anni - ha spiegato Barzilai - passano gli ultimi anni della propria vita malati. Chi invece arriva ai 100 spesso resta sano fino alla fine: questo perché tutto dipende dai geni. Non da noi".
(LaRepublica)
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